I Palazzi di Portogruaro

Ultima modifica 24 gennaio 2024

IL PALAZZO MUNICIPALE

Emblema cittadino, di stile gotico in mattoni faccia a vista, è il manufatto più tipico dell’architettura civile portogruarese. Lo storico portogruarese Antonio Zambaldi fa risalire la parte centrale al 1265

Le ali laterali, in perfetta sintonia stilistica con la parte centrale, furono aggiunte probabilmente nel 1512, come pare da un’iscrizione murata nella facciata che ricorda il podestà Giovanni Giacomo Baffo quale “autore”. 

Il prospetto è caratterizzato da tre porte al piano terra, sei monofore al piano nobile e dalla merlatura “ghibellina” a coda di rondine interrotta al centro dal campanile a vela. 

Il Municipio subì tre restauri nel corso dell’ Ottocento. Altri lavori di restauro e ampliamento furono eseguiti verso il 1965

Nel 1908 furono addossati all’edificio tre testoni in pietra d’ Istria, del secolo XVI, in uno dei quali (a sinistra) si vorrebbe identificare il nume fluviale del Lemene.


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I MOLINI

I molini costituiscono forse lo scorcio più suggestivo della città di Portogruaro, posti come sono in mezzo al letto del fiume Lemene.

Si tratta di due edifici quasi simmetrici, con struttura muraria in mattoni, tetto a coppi e fondazioni perimetrali in pietra viva.

Il diritto sui molini di Portogruaro, detti anche di S. Andreaper la vicinanza all’omonima chiesa, fu concesso ai vescovi di Concordia in epoca imprecisata, comunque anteriormente al 1186, data nella quale i molini sono sicuramente esistenti, attestati in una bolla di papa Urbano III.

I molini appartenevano al patrimonio della mensa vescovile, e normalmente venivano dati in affitto.
Nel corso dei secoli i molini furono più volte oggetto di restauro; in particolare nel 1477 ad opera del vescovoAntonio Feletto, e nel 1755 da parte del vescovo Jacopo Maria Erizzo.
Nel 1867, a seguito delle leggi di confisca dei beni ecclesiastici, i molini di S. Andrea diventarono proprietà dello Stato Italiano.

Messi all’asta nel 1870 i molini passarono di mano in mano finchè, nel 1928, per il prezzo di 250.000 lire, vennero ceduti al Consorzio di Bonifica Lugugnana.

Acquistati dal Comune di Portogruaro nel 1970, la loro precaria condizione, dovuta essenzialmente alla cessazione dell’attività molitoria che si era svolta per secoli, viene aggravata in modo determinante dal terremoto del 1976.

Importanti lavori di consolidamento e restauro vengono avviati dal Comune tra il 1981 e il1993.

Nel 1999 vengono messe in funzione anche due nuove ruote.

Dopo l’approvazione, nel 1990, del nuovo Regolamento per la Galleria d’Arte ContemporaneaAi Molini”, gli stessi riprendono, da dicembre 1993, l’attività espositiva che avevano svolto negli anni Cinquanta.

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VILLA COMUNALE

L’edificazione della Villa Comunale viene attribuito aGuglielmo de Grigis da Alzano detto il Bergamasco (1480 - 1550), e si colloca tra il 1543 e il 1550.

Il palazzo fu commissionato al Bergamasco da Antonio Frattina e si distingue tra i palazzi cittadini per il loggiato del secondo piano che l’architetto collocò sul prospetto laterale, con un espediente scenico che gli consentì di mostrare frontalmente la loggia a coloro che risalgono la via del Seminario verso il ponte dei molini.

La proprietà passò di mano in mano lungo i secoli. Tra il 1919 e il 1923 l’allora proprietario Giancarlo Stucky vi apportò notevoli modifiche: fu costruito lo scalone marmoreo che porta al piano nobile, ma fu anche alterata l’armonia originaria della facciata, con l’intera sopraelevazione e con l’inserimento di due finestre a fianco del portico. Nel 1935 la proprietà passò ai Marzotto, e nel 1973 al Comune di Portogruaro.

La Villa misura m. 35,50 di fronte, m. 25 di profondità e m. 14,50 di altezza.

Anche questo, come moltissimi palazzi portogruaresi, era affrescato con figure, satiri, cavalli e altri mostri, affreschi che nel 1893 erano tutti scomparsi.

Nell’atrio al piano terra della Villa sono stati collocati i busti di Vittorio Emanuele II, voluto dal Consiglio Comunale nel 1878, opera dello scultore fiorentino Fantaccini, quello di Giuseppe Mazzini, realizzato nel 1947 da Valentino Turchetto e quello del poeta concittadini Fausto Bonò (1832 -1890) realizzato nel 1892 dall’udinese Leonardo Liso.

Nel sottoportico della foresteria sono stati collocati due medaglioni di marmo di Giuseppe Garibaldi e di Camillo Cavour voluti dal Consiglio Comunale nel 1882. Sia questi sia i busti di Vittorio Emanuele II e di Mazzini si trovavano fino al 1965 circa nella sala consiliare del Municipio.

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PALAZZO ALTAN VENANZIO

Palazzo Altan Venanzio
nella storia

Il palazzo dei conti Altan di Salvarolo, poi dei nobili Venanzio originari di Urbino e quindi del Comune di Portogruaro, fa parte di quel magnifico gruppo di edifici che tra il XV e il XVI secolo completarono il tessuto architettonico di Portogruaro, ricco di esempi del gotico italiano, veneziano e rinascimentale.

 

I nobili Altan si trasferirono a Portogruaro da Salvarolo nel 1473 e acquistarono il palazzo nel 1539 dal vescovo di Concordia.

Il palazzo è attribuibile, dunque, al pieno Quattrocento quando ne avvenne l’edificazione secondo la tradizione veneziana del palazzo-magazzino. Il palazzo presenta alcune caratteristiche che lo differenziano dagli altri palazzi cittadini coevi. Esso è leggermente arretrato rispetto al fronte strada, non ha portici al pianterreno come gli altri, è l’unico ad avere un doppio piano nobile, che è la caratteristica dominante dei palazzi veneziani.

Con la costruzione iniziale, tra la fine del Quattrocento ed il Cinquecento, venne realizzato al primo piano il grande salone centrale, illuminato dalla quadrifora, inizialmente forse gotica, ed in seguito rinascimentale, con la parte superiore arrotondata a tutto sesto.

L’edificio subì profonde trasformazioni alla fine del XVII secolo quando, su committenza del letterato Enrico Altan il Giovane, venne operato l’innalzamento del tetto ricavando al secondo piano un altro piano nobile, gemello del primo, sempre illuminato da una quadrifora, rettangolare però.

I piani nobili erano strutturati attorno ad un salone centrale e su di essi si affacciavano le altre stanze.

In occasione della costruzione del secondo piano, il pittore Giulio Quaglio, allora molto attivo in Friuli, fu incaricato di affrescarne gli interni con scene mitologiche e motivi allegorici. Gli affreschi, già gravemente danneggiati, quasi scomparvero quando il palazzo divenne sede di uffici pubblici intorno al 1880.

Dal 1783 al 1877 il palazzo fu proprietà dei Venanzio che non effettuarono interventi significativi e, nel 1877, vendettero il palazzo al Comune. L’ingegnere Antonio Bon fu incaricato di ristrutturare l’immobile ad uso “dei regi uffici”  (pretura, catasto, ufficio del registro, ecc.). Da edificio residenziale quindi, Palazzo Venanzio divenne sede di uffici pubblici e ciò comportò la distruzione degli affreschi del Quaglio e la costruzione di nuovi spazi ad uso ufficio. Il restauro radicale degli anni 1983-85 ricondusse l‘edificio all’assetto che doveva avere nel secolo XV mettendo in luce alcune tracce degli affreschi del Quaglio e rivelando al piano terra tracce delle fondazioni di edifici più antichi attestati nel 1339 come proprietà del Vescovo di Concordia.

Il Palazzo è legato anche al nome di Luigi Russolo che vi nacque il 30 aprile 1885, nel mezzanino concesso dal Comune ad uso abitazione, a suo padre Domenico Russolo, organista del Duomo e direttore filarmonico. Artista, studioso, scienziato e filosofo, Russolo nel 1910 sottoscrisse il “Manifesto dei pittori futuristi” e nel 1913 firmò la sua lettera manifesto “L’arte dei rumori”. Nel 1914 brevettò l’intonarumori che gli diede fama internazionale.

Alla memoria di Luigi Russolo, sono dedicati il Teatro della città di Portogruaro e una sala comunale, ove sono conservate alcune delle sue opere più importanti, quali: “Impressioni di bombardamento”, “Autoritratto” e “I tre pini”.

Maggiori Informazioni:
Attualmente il Palazzo è sede del Centro Culturale e della Biblioteca Civica di Portogruaro

 

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COLLEGIO MARCONI

Le origini del complesso monumentale denominato oggi "Collegio Marconi" risalgono almeno all’anno Mille: in tal senso testimoniano le primitive strutture della Chiesa di S.Cristoforo, che servì da cappella del castello del Vescovo di Concordia in Portogruaro, presso il guado del fiume Lemene.

Nel 1243 l’edificio e la Chiesa furono affidati ai Religiosi di S. Maria dei Crociferi di Venezia perché vi tenessero ospedale, ricovero di pellegrini e cura di anime. Una suggestiva ipotesi, traendo spunto dall’affresco di Pomponio Amalteo del 1532 che ritrae la Madonna con Bambino, S.Cristoforo e S.Giacomo, lo inserisce come una tappa nella via di pellegrinaggio verso Santiago di Compostela.

Il complesso si sviluppava su tre ali: due parallele a sud e a nord, e una a ovest che costeggiava l’attuale via del Seminano. Il cortile interno era chiuso ad est da una muraglia con un portone che immetteva sul fiume Lemene (principale via di comunicazione della città) ed era in gran parte occupato da una costruzione.

Soppresso l’ordine dei Crociferi, l’edificio veniva acquistato nel 1693 dal Vescovo Paolo Vallaresso che, grazie al lascito del portogruarese Zappetti, nel 1704 vi istituiva, secondo le direttive del Concilio di Trento, il Seminario diocesano, destinato all’istruzione e formazione dei futuri sacerdoti, ma aperto anche a tutti i fanciulli di Portogruaro e della zona limitrofa.

L’ala ovest era stata completamente ristrutturata, dotata di tre piani, compreso quello di terra, di un porticato di pubblico passaggio lungo la via sostenuto da colonne doriche.

Nel 1770 la Chiesa di S.Cristoforo, ampliata, fu dedicata a S. Luigi e data in uso al Seminario. Per assicurare il buon funzionamento dell’istituto fu fondata una biblioteca, in seguito largamente dotata e arricchita con fondi privati.

La scuola acquistò sempre più rinomanza per la preparazione e fama dei suoi insegnanti, tra i quali Anton Lazzaro Moro (1687-1764), fondatore della moderna geologia, e Lorenzo Da Ponte (1749-1838) che divenne librettista di Mozart.

Il Seminario, culturalmente ricco e vivace, collegato con la Vienna asburgica, ove studiarono molti insegnanti, si caratterizzò per essere punto di incontro e di formazione, permettendo, nel corso dei decenni, il nascere di una scuola filosofica rosminiana, nonché lo svilupparsi di una tradizione di studi classici che fornì numerosi docenti all’Università di Padova.

L’esplosione scolastica della prima metà dell’Ottocento indusse ad affidare all’arch.Giambattista Bassi la ristrutturazione delle ali sud e nord per la quale fu assunta, tra il 1835 e il 1845 la tipologia preferita a livello internazionale dalla architettura dell’epoca che si ispirava al modello dorico di Paestum, messo in luce da recenti scavi archeologici.

Dopo la prima guerra mondiale il Seminario venne trasferito a Pordenone. L’immobile fu requisito e divenne sede del comando austriaco e di un ospedale militare, nonché ricovero per sfollati e profughi. Rabberciati alla meglio i danni prodotti dalla guerra, il Collegio venne riaperto nel 1924 grazie all’opera infaticabile di mons. Giacomuzzi e conobbe un continuo sviluppo che portò alla istituzione di ogni ordine e grado di scuola e alla nascita dell’unico polo scolastico esistente tra Veneto e Friuli.

Il sorgere delle scuole statali portò negli anni Sessanta alla chiusura di quasi tutti gli ordini e gradi di istruzione, ad eccezione del Liceo classico che tuttora opera congiuntamente alla Scuola Media e alla Scuola Elementare.

L’edificio, fatiscente e provato oltre che dall’esposizione ai bombardamenti di due guerre anche dal terremoto che devastò il Friuli nel 1976, ha conosciuto recentemente - in particolare nell’anno Duemila - una serie di interventi di restauro che l’hanno riportato in condizioni ottimali.

Dal 1997 questa prestigiosa sede ospita il polo universitario di Portogruaro nato grazie ad all’intesa fra il Comune di Portogruaro e Fondazione Collegio Marconi