L'Opera al Femminile

Ultima modifica 23 aprile 2020

Brevi note critiche del curatore Boris Brollo
 

“Il leitmotiv di queste artiste è che operano con i tessuti e quindi con filamenti di diverse tipologie: lana e metallo, come il filo dorato, ciò nonostante riescono a dare al loro lavoro un carattere che supera l’elemento di “arte applicata” per ritornarci un racconto da opera d’arte. L’Ordito, cioè lo sviluppo della storia, si intreccia finemente con la Trama che crea la visione finale e il tutto tenuto sull’onda dell’intelligenza emotiva. Il sentimento femminile la fa da padrone.

Sanda Bucur occupa il primo Molino con le sue tapisserie in cui: “ il filo è testo in cui si evidenzia il processo fra itinerario ed opera finita” (Francesca Brandes).

Rosa Spina, che occupa il secondo Molino, usa “ il mezzo non non più come processo produttivo derivato, ma come atto indipendente da qualunque altro…..se l’opera è un testo, ed ogni testo è una tessitura allora il linguaggio qui funziona come presa di Coscienza” (Vittorio Sgarbi).

Ketra (Elena Pizzato) (nel Museo della Città) attua delle scritte provocatrici che vengono poi realizzate all’interno di presine da cucina all’uncinetto dalla nonna unendo così la cultura Punk alla figura femminile della “casalinga” denunciando il bisogno di liberazione dall’assoggettamento totale al maschio.

Quindi una mostra che mette in luce l’operare femminile e come questi si struttura nella vocazione psicologica ed emozionale di un’arte al femminile. Arte portatrice di un’ esperienza altra, dell’arte contemporanea. Arte che dà chiarore ad un modo di essere dell’artista donna da una parte e che, nel contempo, arricchisce l’arte nel suo essere, al di là dei generi, e questo grazie all’immissione nel consesso artistico del femminile soprattutto dai primi del Novecento ad oggi.

Riassumendo, la mostra parte dalle tapisserie astratte della Bucur per arrivare al filamento segnico della Spina, ed ai testi di Ketra in un rimando culturale continuo che è un rilancio della visione del fare e del farsi nel suo diventare opera.

Boris Brollo
 


 

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